Vedo una coppia darsi l'ultimo bacio prima che la porta del treno si chiuda, lei avrà sui 25 anni, lui pure. Mi viene in mente a come possano certe persone arrivare a ridursi, a combaciarsi. Penso a quei due. Magari lui l'ha conosciuta in pizzeria, ad una cena universitaria, il suo migliore amico la presenta e lui già non ricorda il nome perché è troppo bella ed è troppo concentrato sulle sue labbra. Le solite cose: stretta di mano, "piacere mio", ribeccarsi al prossimo appuntamento, chiedersi il numero, uscire e scordarsi smartphone, Facebook, perché il tempo è lì in quello spazio fra loro due e provarci, stare da soli assieme. Si guardano, lei ha gli occhi distrutti di chi ha sperato tanto e non ha trovato molto, le cadono i capelli sulle spalle, glieli sposta dagli occhi arricciandoglieli dietro le orecchie, diventa sempre più rosea ogni volta che la tocca. Lui non si è mai innamorato, forse nemmeno ora, forse mai, ma lei ha qualcosa che all'amore somiglia un bel po'. Magari senza autonomia, regole, si sono abbandonati a se stessi per riconoscersi uguali proprio dove si sentivano "sbagliati", loro che hanno sempre voluto rimanere soli per raggiungere la vetta del mondo lavorativo, compiersi prima come soggetti e non persone, senza abbandonarsi a nessuno se non a se stessi e ai propri desideri poi invece. Invece. Poi arriva tutto quanto e lo stravolge, un vento venuto lontano dalla propria terra e lui è lì, inerme, in una conseguenza che non ha scelto e tocca imparare a viverci e conviverci, adattarsi, ed inaspettatamente diventa tutto ciò che non aveva sognato ma inconsciamente sempre voluto. A vent'anni lui è già all'università, lei pure, lo studio prima di tutto e per poter diventare finalmente "sé", riconoscersi come ciò che si vuole essere. Ci riesce, diventa dottore, lei è lì a sorridere, tra poco anche la sua laurea, lui farà lo stesso. Hanno preso un sacco di treni dal loro primo appuntamento, un sacco di baci dati su quella porta, un sacco di teste basse quando il treno si allontana dalla stazione. Sentimenti, forti. Dov'è l'autonomia, il comando che si pensa di avere? Dove il desiderio di controllo, di autodeterminazione, di credere di sapere quel che si vuole e si vorrà ogni minuto? Chi se lo aspetta l'amore, come fai a riconoscerlo?
Hanno sempre avuto dubbi a riguardo, non hanno mai saputo se fosse giusto lasciarsi andare o lasciar andare tutti gli altri, e si sono ritrovati sere intere a fissare la porta della propria camera la sera dopo cena a domandarsi "Ma ne vale poi così tanto la pena" e la risposta la sanno, ce l'hanno, è proprio il nome dell'altro. Perché prima o poi l'amore si fa sentire, ti esce da dietro gli occhi e chi mai visto uno scoglio poter arginare tutto il mare?
Però è così, appena ti senti in bilico è meglio cadere. Meglio aspettare l'errore giusto, meglio andare contro sé perché "non si sa mai, meglio rimpiangere qualcosa che hai fatto che un'occasione persa", che l'amore non distrugge le persone, son le persone distrutte, quelle sole, perché senza. Perché non ci scappi né fuggi, e anche se ci provi non ce la fai: una delle più belle consapevolezze è proprio saper di essere capaci di qualcosa così grande che allo stesso tempo di spezza e contemporaneamente compone: in due è meglio.
La porta si chiude, lei saluta dietro al vetro. Il treno si allontana, lo osservo andare via, sorride. Negli occhi il sorriso di lei un attimo prima di lasciarsi. E già pensa a quando la rivedrà.
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